Il futuro scorre rapido e richiede adattamento

Rischiando di essere impopolare, a volte non comprendo certi atteggiamenti, dal mio punto di vista abbastanza ottusi o forse spinti dal non voler accettare la dinamicità del nostro mondo e dal rifiuto di capire che mettere in gioco se stessi ogni giorno è una necessità che sarà sempre più decisiva in ogni campo.

Non voglio ricordare quanto le congiunture macroeconomiche e la situazione socio-politica facciano di questo momento il più drammatico dal 1929 e quanto i giovani siano penalizzati e privi di garanzie rispetto ai più anziani, che, ovviamente non per colpa loro, risultano tutelati e garantiti da diritti acquisiti intoccabili.

In tal contesto trovo davvero di non facile lettura le lamentele che proprio in questi giorni ho avuto modo di sentire e che rischiano di fomentare ulteriormente lo scontro sociale e generazione già in atto che per il bene di tutti dovrebbe trasformarsi in collaborazione socio-generazionale.

Faccio riferimento ad alcuni lavoratori di una azienda meccanica la quale per tagliare i costi dei trasporti e della logistica avrebbe deciso di spostarsi di 40 di Km in modo da aver un più agevole accesso alle vie di comunicazione ferroviarie e stradali necessarie per la spedizione dei loro macchinari; oppure quelle di altri lavoratori che non accetterebbero di ricoprire un’altra mansione, magari di natura leggermente differente, pur nel rispetto delle competenze maturate e cercando di tutelare i legami geografici, per andare a supportare le aree aziendali ove il business presenta maggior potenziale di crescita lasciando quelle più in difficoltà e non funzionali, per tematica o per approccio, all’incremento di competitività di fronte ai nuovi scenari economici.

In ambedue i casi sarebbero stati minacciati scioperi, proteste, azioni legali e richieste di intervento da parte di enti locali. Inutile rammentare che l’alternativa percorribile sarebbe stata la cassa integrazione, utilizzata  da altre realtà con estrema facilità e che a mio avviso rimane un ammortizzatore sociale da modificare ed indirizzare verso la riqualificazione dei lavoratori verso attività differenti e più funzionali alle evoluzioni in atto, come accade del resto in Germania.

Non riesco proprio a capire come sia possibile innalzare un muro simile durante una chiara e generalizzata situazione di difficoltà, quando proprio ieri le strutture sanitarie Laziali del San Raffaele hanno chiuso, mettendo in mobilità 2000 dipendenti e quando i giovani non hanno lavoro né prospettive e sono costretti, disponibilità economica permettendo, ad emigrare.

Il pendolarismo in opposizione alla cassa integrazione del primo caso è veramente di poco conto, considerando che l’azienda si sarebbe accollata le spese di trasporto; in merito al secondo caso non capisco perché  le riallocazioni dovrebbero essere demonizzate. Dal mio punto di vista si tratta di un riconoscimento al merito ed al lavoro in quanto le risorse individuate andrebbero ad asservire le aree in cui l’azienda ha deciso di investire maggiormente poiché in questo momento più proficue, si tratterebbe quindi di risorse sicuramente valide.

Forse sono io ad essere troppo propenso al cambiamento, ad accogliere opportunità di crescita, a volermi arricchire con nuove esperienze sia in Italia che all’estero. Sono rientrato da un periodo all’estero perché avevo intenzione di lavorare per una azienda italiana e cercare di contribuire nel mio piccolissimo  all’immagine di una realtà nostrana operante anche fuori dai confini nazionali.

Vorrei dire, con molta umiltà e tranquillità, a coloro che vedono nella riallocazione uno smacco, quasi un affronto personale, di non essere “choosy”, di mettersi in gioco abbandonando la zona di confort e di dimostrare sul campo il loro valore, perché sicuramente hanno molto da offrire.

Credo che ciò a cui eravamo abituati un tempo sia già lontano e difficilmente tornerà; ci viene richiesto di essere dinamici, di saper improvvisare, di adattarci e di imparare rapidamente, senza spaventarci, una volta appresa una nozione nuova, di doverci rimetterci in gioco e di ricominciare da capo quel processo di apprendimento, o meglio di arricchimento, che ci mantiene intellettualmente vivi.

L’atteggiamento dovrebbe essere non di paura nei confronti dell’ignoto, ma di curiosità rispetto ad un nuovo futuro, il quale, perché no, potrebbe essere appagante e portare soddisfazioni inaspettate ….. ma forse sono io a sbagliare.

07/08/2013

Valentino Angeletti

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8 Risposte

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  4. […] che scorre rapidissimamente e che non consente di difendere bandiere e posizioni per ideologia (Il futuro scorre rapido e richiede adattamento). Alla lunga di ideologia statica si può morire, la realtà non è ferma, cambia,  fatti dunque […]

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