Tre elementi del risultato del referendum svizzero

Il 50.5% del popolo svizzero nel referendum tenutosi nei giorni scorsi sì è pronunciato favorevolmente all’applicazione di un calmiere al numero di immigrati col fine di limitare i permessi di dimora per stranieri imponendo “tetti massimi annuali e contingenti annuali” applicabili a tutti i permessi per stranieri, inclusi i cittadini dell’EU, i frontalieri e i richiedenti asilo; tali massimali saranno determinati in base alle esigenze economiche del paese e saranno vincolati dalla capacità del soggetto richiedente di integrarsi, di provvedere autonomamente a se stesso ed alla richiesta esplicita di un datore di lavoro.
La votazione non ha tenuto conto dell’orientamento del Governo e dei partiti politici principali non favorevoli al limite, mentre è stato soddisfatto del risultato il partito di estrema destra UDC. Se i cantoni francofoni e quello di Zurigo hanno votato contro la proposta, i cantoni tedeschi, le zone rurali ed il Ticino hanno avuto maggior peso, la percentuale ticinese dei favorevoli è arrivata quasi al 70%.

Potranno quindi sussistere problemi per i frontalieri italiani soliti oltrepassare la frontiera quotidianamente già trattati diversamente rispetto ai colleghi svizzeri (non vengono infatti applicati i medesimi contratti collettivi), ma avvantaggiati rispetto ai colleghi italiani che lavorano in patria.

Tale risultato, operativo in 3 anni, che fa esultare i movimenti antieuropeisti che permeano l’Europa, è stato considerato molto negativamente da Bruxelles; la Commissione ed il Parlamento europeo vedono messo a rischio il principio di libera circolazione delle persone e dei lavoratori e si sono spinti a sostenere di dover vagliare la possibilità di rivedere i trattati e gli accordi con lo stato elvetico.

Oltre al protezionismo nei confronti dei propri lavoratori in un momento dove probabilmente aumenta il timore che la disoccupazione contagi anche la Svizzera il cui popolo evidentemente ritiene che i lavoratori stranieri danneggino la loro economia più di quanto possano supportarla, questa decisione si presta ad essere letta considerando almeno altri tre fattori non così immediati come il voler tutelare l’occupazione interna.

Il primo è il peso in continuo deterioramento degli rapporti con il partner europeo che attualmente è ritenuto debole e non già necessario come un tempo; forse più una zavorra che un’opportunità.

Il secondo è rappresentato dagli accordi sulla trasparenza dei conti correnti e la trasmissione dei dati bancari che l’Europa ha preteso di implementare con lo stato confederato e che ha senza dubbio fatto scappare verso mete più esotiche e paradisiache un’ingente quantità di denaro e che quindi possono essere interpretati come un fattore indebolente per il forte settore bancario e dei servizi finanziari elvetici fondamentali per la loro economia. Adesso sono preferiti i capitali asiatici e medio orientali rispetto a quelli europei.

Il terzo è costituito dalle misure sul rientro dei capitali e dei condoni degli anni passati che, benché più teorici che reali, nell’immaginario dello svizzero medio, possono essere visti come un impoverimento.

L’Europa deve necessariamente pensare a quello che è accaduto considerando che uno stato piccolo, privo di materie prime e che usufruisce di un gran numero di immigrati europei come forza lavoro trainante una buona fetta della loro economia, abbia deciso di allontanarsi dall’ Europa la cui importanza si sta deteriorando tra tutti i partner economico commerciali, in particolare tra quelli storici e maturi.

L’immagine dell’Europa si sta sgretolando sia internamente che esternamente e questo gli stati europei, Germania inclusa, non possono permetterlo se vogliono mantenere attrattività e non compromettere una competitività già difficoltosa
Da qui si evince la necessità di riformare le politiche europee e di far rotta verso un’Unione più stabile, coesa e forte rispetto a quanto non lo sia adesso.
La trazione germano-centrica non è più sufficiente e tutti gli stati membri, chi prima (Grecia, Italia e Spagna), chi dopo (Germania), ne dovranno prendere atto, possibilmente prima che sia troppo tardi.

09/02/2014
Valentino Angeletti
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