Buoni propositi in USA già infranti in Italia
Avendo seguito in bilico tra Italia e Londra le vicende degli ultimi giorni ammetto di poter aver perso qualche passaggio, ma mi sorgono un paio di interrogativi.
Ad inizio settimana il Premier Letta ha avviato il suo “road show” nelle più importanti piazze finanziarie mondiali per presentare il “prodotto Italia”, un prodotto nel quale investire e che vorrebbe attrarre capitali stranieri; è partito dal Canada, poi New York e prossimamente Emirati Arabi. Con se aveva il programma “Destinazione Italia”, un documento redatto da una “task force” del Ministero degli Esteri, dove sono stati messi in evidenza punti da migliorare, modificare o sviluppare per rendere l’Italia più competitiva ed attrattiva. In merito a Destinazione Italia cito il giornalista Oscar Giannino che ha espresso il suo favore al programma dicendo che, se venisse messo in pratica anche solo il 5% di quanto presentato, i risultati sarebbero tangibili ed evidenti, il punto ostante è l’immobilismo che la politica attuale ha mostrato di avere e che non rende particolarmente ottimisti sull’attuazione dei programmi.
Uno dei tanti punti fondamentali e necessari (ma non sufficienti) per far prendere in considerazione l’Italia agli investitori è la certezza normativa e legislativa. Quindi leggi chiare, stabili e durature.
Nel frattempo in Italia scoppiava il caso Telecom, Telefonica, quindi un partner straniero, dall’alto debito ma dall’EBITDA superiore alla capitalizzazione di Telecom stessa, si è aggiudicata la maggioranza relativa di Telco la holding controllante Telecom, diventandone di fatto socio di maggioranza.
Questa operazione non è piaciuta sostanzialmente a nessuna parte politica, tralasciando le dichiarazioni inopportune ed imprecise risuonate da varie e prestigiose parti, si è parlato e si continua a discutere sulla possibilità di modificare la legge sull’ OPA abbassando la soglia oltre la quale dovrebbe subentrare (ad oggi al 30%), si è parlato di modificare la legge sulla Golden Share/Golden Power, già sul tavolo di discussione da più di 300 giorni, ma mai affrontata realmente (forse perché quando la si doveva discutere c’erano in ballo cessioni di aziende Finmeccanica poi non verificatesi), si è parlato di scorporare la rete imponendo un Unbundling retroattivo tra società di servizi e gestione/manutenzione della rete TLC, tutto ciò per ostacolare l’investimento di Telefonica, invece che dialogare con la controparte spagnola per redigere un reale e condiviso piano industriale e di sviluppo per Telecom.
Sempre contro l’ingresso di stranieri in Italia si stanno svolgendo scioperi in Ansaldo Energia ed Ansaldo STS, società della galassia Finmeccanica e si vorrebbe impedire ad Air France di arrivare al 50% di Alitalia prediligendo una cordata di imprenditori, l’ennesima, soluzione che in passato non si è quasi mai rivelata vincente. La CdP è sempre stata tirata in ballo come possibile salvatore patriota per via della sua disponibilità liquida, senza considerare che quella liquidità altro non è che il risparmio postale del cittadino e che, per quanto poco possa contare, a quel cittadino sono state assicurate determinate condizioni e garanzie.
Ovviamente rete TLC e viabilità aerea possono essere considerate attività strategiche e la rete di interesse per la sicurezza nazionale, ma fino ad ora sono state valorizzarle e gestite a dovere?
Inoltre con questi atteggiamenti, totalmente agli antipodi rispetto a quella sicurezza normativa richiesta da Destinazione Italia, da Confindustria, da Fulvio Conti in veste di presidente di Eurelectric alla EU e da portavoce delle 29 multinazionali più importanti durante il G20 di San Pietroburgo ed assicurata da Letta alle piazze finanziarie, come possiamo sperare che aziende, investitori o qualsivoglia entità non autolesionista punti sul nostro paese?
27/09/2013
Valentino Angeletti
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Superare l’impasse agostana, poi concentrarsi sul concreto
Il voto di sfiducia al Governo ha avuto esito negativo.
Il Premier Letta ed il suo Esecutivo l’hanno scampata dunque? A dire il vero solo parzialmente perché la vicenda Kazaka ha lasciato strascichi di non poco conto, del resto la questione è complessa sul piano geopolitico internazionale, un vero e proprio intrigo. Nonostante il voto a favore del Governo nel PD si sta diffondendo l’idea della necessità di un rimpasto dell’Esecutivo in ottobre. Ciò si aggiunge alle tensioni già in essere dovute principalmente all’esito del “processo Berlusconi” del 30 luglio che ha sicuramente un’importante valenza politica ed alle decisioni che dovranno essere prese entro il 31 agosto.
Come un eventuale voto di sfiducia al Governo anche un rimpasto non è un provvedimento banale non sono convito che passerà inosservato agli occhi degli altri stati europei ed a quelli delle istituzioni di Bruxelles poiché testimonierebbe che gli attriti già evidenti, ma fino ad ora domati dal Premier con il supporto del Presidente Napolitano, stanno assumendo dimensioni sempre maggiori col rischio di minare seriamente la stabilità politica. In Europa attualmente i paesi che stanno fronteggiando crisi di governo, mettendo i apprensione i mercati, sono non a caso il Portogallo e la Grecia le cui difficili condizioni sono ben note.
Il contesto che stiamo attraversando impone collaborazione e negoziati produttivi sia perché non c’è tempo da perdere in contrasti sia perché le risorse sono poche e vanno utilizzate al meglio, quindi tutte le energie dovrebbero essere vincolate in modo costruttivo. Abbiamo l’onere e l’onore, effettivamente non sempre riconosciuto dagli altri stati membri, di essere un paese fondatore dell’Unione Europea e la terza economia del vecchio continente, questo deve essere chiaro a Bruxelles, ma anche a Roma, non ci possiamo permettere di essere ulteriormente causa o capro espiatorio per movimenti di mercato problematici o alibi per gli speculatori che, considerando le situazioni economiche di Asia ed USA, vedono nel nostro continente la preda più debilitata ed il nostro paese ne rappresenta la vitale giugulare ove attaccare mortalmente.
A proposito di risorse il 31 agosto è il termine per prendere decisioni in merito a quattro temi fondamentali per la resistenza dell’esecutivo: il nodo esodati, la procedura di pagamento della prima tranche da 20 miliardi dei debiti alle PA che vorrebbe essere anticipata rispetto al 2014 ed infine il nodo IMU ed IVA. La cancellazione totale dell’IMU richiesta dal PDL non è ormai evidentemente percorribile, ma la soluzione definitiva è ancora lontana, si parla di franchigia entro un certo limite (i capannoni industriali produttivi non dovrebbero essere tassati in accordo con Confindustria, ma pronunciamenti definitivi non si sono sentiti), oppure di integrazione con TARES e TARSU, o ancora una imposta comunale che tenga conto del patrimonio immobiliare incrociato con il nuovo indice ISEE, ovviamente anche l’ipotesi di un rinvio alla
legge di stabilità del 2014 non manca, servirebbero 4 miliardi, ma la riunione odierna della Cabina di Regia ha confermato, senza esplicitare i modi, una definitiva risoluzione entro il 31 agosto.
L’IVA, che dovrebbe passare al 22% dal 1 ottobre, analizzando i dati è un falso problema, non dovrebbe essere aumentata in quanto non strutturale, non porterebbe gettito e vesserebbe ulteriormente consumatori ed imprese. È dimostrato (Curva di Laffer in figura) che aumentare l’imposta oltre un certo livello (in Italia già superato) deprime i consumi portando incassi molto inferiori rispetto a quanto previsto. È successo con l’aumento dal 20 al 21% e si è ripetuto con l’incremento delle accise sui carburanti che, a causa del drastico calo dell’utilizzo delle auto ed alle difficoltà delle grandi aziende di autotrasporto, ha apportato un gettito inferiore rispetto a quando le accise erano più basse.
Questi nodi sono fondamentali più per consentire al Governo di sboccarsi e concentrarsi su questioni sostanziali che per il loro valore assoluto, pochi spiccioli nel mare magnum del debito. Alcune ombre sulle coperture di qui a fine anno sono state sollevate, poi smentite dai Ministeri competenti. Si sono sentite voci su una possibile manovra correttiva da 12 miliardi, del resto l’oggettiva necessità di concentrarsi sull’abbattimento del debito di oltre 2060 miliardi di € ha portato il Ministro Saccomanni a paventare l’ipotesi, durante il G20 di Mosca, di cessione delle aziende partecipate (leggi le strategiche ENI – ENEL – FINMECCANICA molto appetibili per settore merceologico a stati asiatici, arabi ed anche la stessa Russia dove il Ministro era intervistato) subito smentita modificando “cessione” in “garanzie collaterali” (oggettivamente ai valori attuali più che vendita sarebbe una svendita con conseguente rinuncia ai dividendi che nel complesso, tra Ministero del Tesoro e CdP, ammontano a quasi 2 miliardi annui) ed inserendo la possibilità di quotare Poste e Ferrovie dello Stato che già si sono affacciate sul mercato obbligazionario.
La vera questione da chiarire nell’immediato è che senza investimenti strutturali non conteggiati nel deficit (applicare la golden rule per grandi investimenti infrastrutturali, interventi nell’ambito dell’Expo 2015, detassazione del lavoro ecc), abbattimento della pressione fiscale e del costo del lavoro applicando entro dicembre i provvedimenti della Youth Guarantee, modifica dei contesti produttivi e del modello economico trainante (mettere la finanza al servizio dell’economia reale e di produzione, comprendere quale siano i nuovi settori che saranno trainanti riconvertendo quelli più tradizionali e dei quali l’Europa sta perdendo il primato), spostamento della fiscalità dalle persone ed imprese ai consumi, lotta all’evasione, alla corruzione ed alla burocrazia, abbattimento della spesa pubblica e gestione profittevole del patrimonio statale, costo dell’energia allineato a quello del resto d’Europa, incremento dell’export, riforma delle pensioni e del mercato del lavoro favorendo la riallocazione e riconversione dei lavoratori sarà la stessa Unione e non uscire dalla crisi e rischiare l’implosione.
Le misure sono quello ormai note e devono essere prese in sede Europea: unione bancaria e fiscale, mercato unico dell’energia, condivisione trasparente dei dati bancari, regimi sui proventi finanziari comuni e soprattutto politica monetaria che temporaneamente inietti liquidità (applicando il meccanismo OMT dell’ ESM o stampando direttamente) per far partire la fase degli investimenti come hanno fatto, fino ad ora a ragione, il Giappone, momentaneamente in attesa del rinnovo della Camera Alta, e gli USA che hanno registrato buoni dati in termini occupazionali ed hanno i loro indici borsistici ai massimi storici.
L’esempio della Grecia, col senno di poi, dovrebbe essere una lesson learnt. Avere agito subito senza ricorrere in modo quasi ostinato all’austerità che ha portato in ultimo al taglio di 25000 dipendenti pubblici che sicuramente contribuiranno a deprimere ulteriormente economia e consumi nonostante un drastico abbassamento dell’IVA su certi prodotti e servizi per supportare il turismo estivo favorito dalle tensioni in medio oriente ed Egitto, avrebbe ridotto di 10 volte il costo sostenuto fino ad ora dai greci e dall’ Europa tutta.
L’obiettivo è dunque superare il 31 agosto, sbloccare l’empasse e lavorare con determinazione così a Roma come a Bruxelles senza pensare in questo frangente a rimpasti, congressi e vicende processuali. Cosa fare si sa, come fare si studia e si implementa, cominciare e subito a farlo è fondamentale.
20/07/2013
Valentino Angeletti
LinkedIn: Valentino Angeletti
Twitter: @Angeletti_Vale
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