Archivi del giorno: 18 gennaio 2015

L’uscita di Cofferati impone una profonda riflessione nel PD e se possibile rende il Dedalo Quirinalizio ancor più intricato

Forse non sarà destinata a lasciare il segno e non avrà seguito, ma l’uscita dal PD dell’ex segretario della CGIL, proprio quello dal carisma tale da portare due milioni di manifestanti in piazza ai tempi del Governo Berlusconi contro l’abolizione dell’articolo 18 che allora venne mantenuto ed in via di superamento proprio ora con un Governo di centro sinistra, non è un avvenimento politicamente trascurabile. Dopo le note vicende delle primarie PD in Liguria che, a detta di Cofferati avrebbero visto un’anomala affluenza di stranieri alle urne e soprattutto un un accordo con il centro destra (vi sarebbero secondo Sergio Cofferati anche supporter fascisti) il quale, in cambio del sostegno alla candidata “renziana” Patia, sarebbe stato coinvolto in accordi e coalizioni per il governo della regione. L’Esecutivo del resto è di larghe intese con il centro destra, tanto che a sostenere la convergenza verso un’alleanza simil governativa anche in Liguria sarebbe stata addirittura il Ministro della Difesa, la genovese Roberta Pinotti. Nonostante l’annullamento di circa 13 seggi che avrebbero comportato la cancellazione di 400 voti a Sergio Cofferati e di 900 a Raffaella Patia, i 4000 voti di vantaggio della renziana sono stati ampiamente sufficienti per garantirle la vittoria. L’ex sindacalista comunque è intenzionato, una volta ricevute le carte ufficiali dalle commissioni di verifica del PD, a portare tutto davanti alla magistratura per ulteriori accertamenti. L’indignazioni di Cofferati scaturirebbe dall’immobilismo e dal silenzio del suo (ex) partito di fronte ad un ennesimo caso di malcostume all’interno del meccanismo delle primarie del quale il PD di Renzi si vantano come di un grande elemento di democrazia. Non è la prima volta che ciò accade ed effettivamente se ad ogni nuova votazione si verificano brogli di differente entità e natura potrebbe esser d’uopo che i vertici di partito si domandassero se la causa è da perorarsi ulteriormente oppure se, anche per salvaguardare l’immagine stessa del partito, sia opportuno sospenderla, intensificare i controlli o quantomeno modificarne le regole. Renzi ed il suo entourage invece si sono limitati a suggerire a Cofferati di accettare la sconfitta. Ciò non è stato digerito dal “cinese” che ha deciso dunque di lasciare il PD per tornare alla sua attività di Europarlamentare (sulla quale è legittimo chiedersi se una volta fuoriuscito dal PD possa essere perseverata pur essendo Sergio stato eletto proprio come membro del PD), senza nessuna volontà di fondare un partito, un movimento, una alternativa politica oppure di schierarsi altrove; l’unica possibilità che si lascerebbe aperta è quella di una associazione culturale.

Le reazioni alla mossa di Cofferati sono state immediate, i sostenitori liguri di Civati hanno subitamente dichiarato che non voteranno la Patia, mentre Vendola ha allungato la mano verso Cofferati proponendogli di concorrere alla regione Liguria o al comune di Genova come candidato di SEL. Al momento pare che l’interesse non sia ricambiato, ma evidentemente è troppo presto per pensare ad una decisione definitiva. Vendola si è spinto oltre andando addirittura a proporre allo stesso Giuseppe Civati la fuoriuscita dal PD per fondare assieme a SEL una nuova realtà di centro sinistra. Fassina invece, critico quanto Civati nei confronti del governo Renzi che secondo lui si sta spostando irrimediabile verso i poteri forti ed il centro destra, continua a sostenere di voler rimanere nel PD cercando dall’interno di correggere a sinistra la rotta del Premier.

Non senza conseguenze dunque la mossa dell’ex CGIL. Essa pare essere quell’incipit in grado di dare la spinta e la forza, fino ad ora assenti, all’evidente dissenso interno al partito sfociato nella sua manifestazione apicale nella mobilitazione sindacale di metà dicembre e che avrebbe dovuto esser esaminato da tempo (LINK-1 – LINK-2). Finora i critici nei confronti del Governo non avevano fatto altro che pungere verbalmente l’Esecutivo lamentando che la parte più a sinistra dell’elettorato PD (almeno tutti quelli scesi in piazza San Giovanni) non è rappresentato e denunciando al Governo un’impronta eccessivamente destrorsa e confindustriale, ma mai avevano agito concretamente se non scrivendo sui loro blog personali. Renzi dal canto suo non è tipo da scendere a compromessi e, pur nel dialogo, la decisione finale pende sempre dalle sue mani. Le critiche verbali o scritte provenienti dall’interno del PD pertanto sono rimaste e rimarranno tali senza possibilità di portare a nulla. Di ciò deve prendere atto Fassina qualora volesse, come ha dichiarato, perseverare ad esprimere dissenso dall’interno al PD: sarà libero di dire qualsiasi cosa, ma che non si illuda di avere una qualche influenza.

Civati ha invece aperto alla possibilità di valutare l’uscita, probabilmente sta analizzando l’entità del suo seguito, ed in tal caso la destinazione naturale sarebbe nell’orbita di SEL.

Inutile dire come un esame di coscienza nel PD doveva essere fatto da tempo, il carro Dem è talmente colmo che non riesce a contenere tutti, troppe idee trasversali, ma poche, al limite una: il Premier, personalità forti e carismatiche. Cofferati, pur involontariamente, con la sua mossa ha dato l’impressione di quel carisma indispensabile ad opporsi al Premier e forse per coloro che non si rispecchiano più nel PD pur appratendovi è la prima ed ultima possibilità per prendere il rischio di anteporre gli ideali e dare rappresentanza agli elettori PD, che nel loro pensiero non sono più rappresentati, rispetto al mantenimento di un comodo status quo governativo dal quale sono consapevolmente ormai avulsi.

Questa situazione può avere conseguenze sull’elezione al Colle andando a mettere in difficoltà il Governo e la sua tenuta, ma solo se oltre a SEL anche un buon  numero di elementi del PD ed il M5S si riuniranno saldamente in una strategia condivisa. Potrebbe inoltre essere l’opportunità da un lato per i dissidenti PD e SEL di dar vita ad una nuova entità di centro sinistra che riprenda quei connotati anche vicini al mondo sindacale dal quale il PD di Governo è lontanissimo e dall’altro per il Governo, quindi PD di Renzi, di poter dare i natali ad una grande ed innovativa formazione di centro che sulla carta avrebbe il potenziale di avvicinarsi a quello che era la vecchia DC.

Se Atene piange Sparta non ride ed anche in FI i dissensi sono manifesti. La linea di Berlusconi sulle riforme e sul Quirinale è ritenuta troppo filo-governativa e renziana da molti, tra cui Fitto e lo stesso Brunetta, incredibilmente rimproverato dall’ex Cavaliere. Berlusconi evidentemente è imbrigliato dalla norma sul fisco la cui discussione è sospesa fino al 20 febbraio. Il travaglio berlusconiano sul fisco conferisce a Renzi un potere negoziale immane, ben oltre il patto del Nazareno, che influenzerà le elezioni presidenziali e la struttura delle riforme. Silvio Berlusconi quindi non potrà opporre troppi veti nè su un tema nè sull’altro, cosa che invece vorrebbero fare in modo più deciso molti dei suoi ed ovviamente, nei limiti delle percentuali, il NCD.

Come si può osservare la situazione è complessa e fluida, tali attributi si estenderanno al voto Quirinalizio rendendo la partita più incerta di quanto già non fosse e forse sparigliando le strategie di Renzi, il quale pur dovendo affrontare l’elezione di un Presidente della Repubblica che è per definizione insidiosa ed in grado di mettere in difficoltà chiunque, poteva contare sulla possibilità di giocare una partita all’attacco forte dell’assenza di reali rivali ed alternative al suo carisma, di un PD diviso internamente ma senza influenza fuori da un partito guidato saldamente da lui stesso, da un M5S assolutamente indebolito dalle espulsioni, dalle fuoriuscite volontarie e da Grillo che pare senza linea definita ed ormai con poca coerenza (ad esempio su Prodi al Quirinale), infine sulle divisioni di FI e sulla fondamentale pedina di scambio delle norme fiscali legate a stretto giro alla futura libertà e eleggibilità o meno di Berlusconi.

Adesso tutto è molto più incerto, nuovi rapporti di forza ed altre strategie segrete si comporranno e si disgregheranno più volte nei prossimi giorni. Sicuramente questa è la prima vera grande crisi di reputazione ed immagine sia tra membri e direttivo del PD sia tra gli elettori che il Governo Renzi si trova a dover gestire ed avviene in uno dei passaggi parlamentari più complessi.
Chissà se Renzi sarà il Teseo in grado uscire dal Dedalo Quirinalizio che, col trascorrere del tempo, va rendendosi sempre più intricato.

18/01/2015
Valentino Angeletti
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