Archivi del giorno: 3 gennaio 2015

Il Quirinale, i Vigili di Roma e la Lituania in UE

Il Governatore Draghi non vorrebbe prender parte al Valzer Viennese per il Quirinale
Benché la data non sia stata ancora comunicata in modo ufficiale al grande pubblico, perché è poco credibile pensare che i diretti interessati, leggasi politici, partiti e 1008 grandi elettori, non abbiano idea di quando avverranno le dimissioni Quirinalizie, la successione al Colle è nel pieno vivo pur nella simulata indifferenza dei “palazzi”.
I giochi e le manovre alla luce del sole o nelle tenebre delle notti senza luna sono iniziati da tempo ed anche le rose dei nome sono all’incirca pronte con l’apertura agli outsider che alla fine potrebbero tranquillamente spuntarla. L’esito di questa partita è fondamentale per testare la tenuta dell’Esecutivo e la “lealtà” nei confronti del Premier da parte degli alleati di Governo, ma anche e soprattutto all’interno del PD stesso. In questa circostanza è ben difficile pensare al ripetersi dei 101 franchi tiratori che “impallinarono” Prodi e con lui Bersani, ma a partire dalla quarta votazione, ossia quando il quorum si abbasserà, tutto è possibile e la prima idea che può venire in mente, giusto per dar libero sfogo alla fantasia, è un’ampia asse tra una fronda (da capire quanto realmente sostanziosa, perché potrebbe davvero avere dimensioni nascoste ben superiori a quanto si possa sospettare) del PD, SEL e M5S per far salire proprio il Professore di Via Guido Reni in Bologna. Su Prodi Renzi non si è pronunciato, ovviamente ribadisce stima come nel 2013, ma l’apertura di Berlusconi ad un esponetene di centro sinistra purché equilibrato, di caratura internazionale, garante della costituzione ed aggiungiamo noi esperto in economia, esteri ed Europa, pur rispecchiandosi perfettamente nella figura di Romano Prodi pare il tentativo finale di screditarlo; come a dire che FI è aperta al dialogo sulle nominaton e non pone preventivi diktat, ma in cambio di ciò alcuni paletti sono da rispettare ed uno parrebbe proprio essere l’esclusione del Professore. Professore che non si è detto interessato all’incarico, ma del resto lo fece anche nell’occasione precedente. Nei prossimi giorni gli incontri si intensificheranno con plausibili e poco auspicabili rallentamenti dell’attività parlamentare ed avverrà anche quello tra Renzi e Berlusconi dove oltre all’Italicum, alle riforme, oggetto esplicito del patto del Nazareno, sicuramente terrà banco anche il Quirinale.
All’interno del più completo marasma che i media cercheranno invano di districare, un nome, uno abbastanza accreditato e menzionato da tempo anche qui, è quello di Mario Draghi, attuale Governatore della BCE. Draghi non si e detto della partita assicurando di voler terminare il proprio mandato a Francoforte, fissato per il 2019, aggiungendo inoltre di non essere un politico nè di volerlo diventare. Una delle caratteristiche che si dovranno definire prima dell’elezione è proprio quella sull’estrazione del candidato, politico e tecnico? La propensione, anche a valle del discorso di fine anno di Napolitano (Link ad articolo su discorso di fine anno 01/01/15), è quella di una personalità politica appoggiata dal più ampio consenso, garante delle istituzioni, di esperienza all’estero, conoscitore delle dinamiche interne italiane ed europee, autorevole all’estero e con gli interlocutori internazionali più importanti, dagli USA alla Cina, dal Medio Oriente all’Africa fino alla Russia (che piaccia o meno di orbitare attorno a Putin non smetteremo certamente di colpo) e di nuovo si torna proprio alla figura di Prodi. Sulla fattezza politica invece che tecnica, contrariamente a qualche settimana fa, paiono allineate tutte le forze politiche principali.
Uno spostamento di Draghi verso la Presidenza della Repubblica avrebbe fatto molto piacere alla Germania la quale ha ostacolato in modo evidente la volontà espansiva in politica monetaria che, crediamo, il Governatore avrebbe voluto e potuto imprimere in assenza del costante veto del maggiore azionista della BCE, la tedesca banca centrale, BuBa, del falchissimo Weidmann seguite dalla sua orbita nordica. Per l’Italia invece la posizione di Draghi all’Istituto Centrale è fondamentale perché il 22 gennaio i mercati, calmi in attesa e moderatamente ottimisti, e tutti i Governi si attendono un importante annuncio sui QE che a questo punto dovrebbero essere precisi, veloci e sostanziosi (avrebbero, a nostro modesto avviso, già dovuto essere implementati). Ormai la presa d’atto di un possibile scenario deflattivo o comunque di bassa inflazione prolungata oltremodo (ed i consumi lo dimostrano anche in periodo natalizio e di saldi) si scontra con il mandato della BCE fino ad ora assolto inefficacemente (questa tendenza era stata rilevata e denunciata in questa sede oltre un anno fa) e che Draghi ha il dovere una volta per tutte di invertire con maggior beneficio per i paesi che come l’Italia si trovano in difficoltà superiori. Qualora la sua figura fosse sostituita è difficile pensare che la Germania non faccia valere la sua potenza e le nazioni più problematiche potrebbero pagarne ulteriore scotto. L’idea balenata in qualche testata di un’avvicendamento tra Prodi, destinato a Francoforte, e Draghi proiettato in direzione Colle, pare poco plausibile proprio per le posizioni tedesche che difficilmente acconsentirebbero all’italiano Prodi ultimamente molto critico (e non a torto) nei confronti di certe gestioni europee e della BCE, anche se dal punto di vista prettamente italiano sarebbe stata una soluzione decisamente interessante.
Scartando la figura di Draghi e dei tecnici in generale, si escludono in automatico nomi come il Ministro Padoan o Visco, dalla fattezza quest’ultimo molto prossima a quella di Draghi, mentre salgono in graduatoria il Magistrato Ferdinando Imposimato (che mi fa sorridere aver conosciuto televisivamente per la sua presenza alla trasmissione Forum … da Rita Dalla Chiesa al Quirinale, un bel salto), ma anche il Politico PPI e cattolico Pierluigi Castagnetti o il giudice ex DC Sergio Mattarella. In ogni caso basta leggere questo articolo di IlGiornale.it (LINK) per farsi un’idea che i nomi con o (principalmente) senza fondamento sono davvero tanti, quasi tutti in sostanza; anche un tal Enrico Letta a cui manca il requisito di anzianità è stato proposto addirittura da Eugenio Scalfari (Link).
Il Valzer Viennese è già iniziato, la sala da ballo del Palazzo di Schönbrunn, ufficialmente ancora chiusa, in realtà è già gremita e le danze da settimane principiate.
Doveroso ricordare e sottolineare, ed è la storia che lo insegna, che tutti coloro che si tirano fuori dalla corsa al Quirinale rischiano d’essere tra i primi candidati proposti, talvolta bruciati, ma talvolta eletti ed ogni riferimento a Draghi o chissà a Prodi è puramente casuale (o no?).

Il caso dei Vigili romani: 83.3% assenti il 31/12/2014
Se l’83.3% dei ‪vigili urbani o polizia municipale di Roma assenti NON comprende quelli a casa per regolari ferie in un giorno particolare come il 31/12, segue che, supponendo un 12% (stima bassa per l’ultimo giorno dell’anno) di regolarmente in ferie, avrebbe lavorato al massimo il 5% del corpo (circa 50 unità), il che pare oggettivamente impossibile.
Giusto quindi non generalizzare perché nel pubblico, settore con tutte le sue protezioni ma pur sempre vessato senza possibilità di opposizione per la natura dello stipendio direttamente dallo Stato o suoi bracci armati, quasi sempre si deve far encomio a coloro che lavorano il doppio ad uguale e spesso bassa paga (gli straordinari come gli aumenti salariali) per sopperire a mancanze ed inefficienze, abusi ed assenteismo di una parte del personale, ma anche del datore Stato stesso, per offrire un servizio decente anche se spesso non all’altezza e non per loro colpa.
Doveroso verificare con calma e precisione le motivazioni (protesta?), le condizioni effettive di lavoro del corpo ed i numeri senza la smania da immediato annuncio o della accusa al capro espiatorio di turno, individuare i veri abusi e prendere i giusti provvedimenti che invero già esistono introdotti dal governo di centro sinistra nel 2001 ed ulteriormente perfezionate da quello di centro destra a firma Renato Brunetta nel 2009.
Insomma lavorare con rapidità e precisione, agire e portare a termine l’operazione, sequenza logica quasi ovunque, ma di rado applicata fino ad ora in Italia e ne abbiamo pagato, ne stiamo pagando e ne pagheremo amare conseguenze.

La Lituania entra nell’area Euro
Benvenuta alla Lituania nella grande famiglia dell’Euro, il 19° paese che ha adottato la moneta unica.
Alla luce dei parametri economici dell’ex stato sovietico come debito (circa 36% del PIL), deficit, PIL e relativo tasso di crescita (circa 3%) alcune fonti di informazione già si gettano nel sottolineare come essi siano addirittura migliori di quelli tedeschi e come ci sia da imparare dai virtuosismi dello stato baltico.
Conviene a nostro avviso non esagerare e fare le debite proporzioni. Ben diverso è il ruolo delle economie trainanti come la Germania e, benché in difficoltà, la Francia, l’Italia e la Spagna.
Con una popolazione di poco inferiore ai 3 milioni di abitanti (circa come Roma), con un PIL di circa 35 miliardi di euro (pari poco più di 1/3 degli interessi pagati dall’Italia sul suo debito, oppure al PIL generato da una provincia italiana), la Lituania può sicuramente rappresentare un ottimo avamposto strategico per i rapporti con la Russia e consentire l’arricchimento economico, culturale, di mercato tipico di un allargamento che non dovrà essere l’ultimo per consentire l’incremento della competitività europea ed una maggior stabilità dei confini (la Turchia ad esempio sarebbe importante per i rapporti con il Medio Oriente e l’Islam, ma molto deve ancora fare su alcuni temi fondamentali che esulano dai rigidi parametri economici), ma erigere già la Lituania a vessillo degli esempi da seguire pare un tantino eccessivo, pur col massimo rispetto ed encomio per i suoi eccellenti parametri economici.

02/01/2015
Valentino Angeletti
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