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Supporto ai Curdi con armi, conferma di una politica estera europea frammentaria a cui porre rimedio

Dopo l’esposizione delle Commissioni Parlamentari di Esteri e Difesa e l’audizione dei rispettivi Ministri Federica Mogherini e Roberta Pinotti, il Parlamento si è pronunciato favorevolmente al supporto politico, umanitario e militare a mezzo della fornitura di armi al popolo Curdo che sta combattendo una tremenda guerra contro gli Jihadisti dello stato islamico ISIS. Le armi inviate al governo regionale curdo sono quelle sequestrate una ventina di anni fa nei Balcani, abbastanza obsolete, ma con le quali l’esercito curdo ha già dimestichezza. I partiti contrari all’operazione sono stati M5S e Sel del resto Di Battista aveva già palesato come ogni supporto armato non sarebbe stato appoggiato dal suo partito (M5S) e che si avrebbe dovuto elevare il terrorista a rango di interlocutore e trovare una soluzione se non pacifica quantomeno diplomatica.

La misura dell’Italia ad appannaggio dei curdi a ben vedere rischia di avere effetti quasi irrilevanti e, se è vero come è vero il detto “corsi e ricorsi storici”, non è da escludere che tra qualche anno le stesse armi potranno essere usate contro di noi o contro i nostri alleati, come è accaduto in Afganistan, in Cecenia, in Georgia, nello stesso Iraq e finiamo qui l’elenco impietoso.

Non v’è dubbio che la situazione sia complessa, si intreccino estremismi e fanatismi religiosi assieme ad interessi territoriali, politici ed economici, con l’energia, le materie prime, l’acqua sempre in primo piano. In pochi possono ritenersi tanto conoscitori di quei territori e delle dinamiche che ivi regnano da poter dare una panoramica attendibile e veritiera di ciò che sta accadendo e delle motivazioni che ne sono alla base e sicuramente non possiamo annoverarci in quella schiera di esperti, tanto che in casi come questo è preferibile tacere sulle cose che non bene si conoscono.

Il terrore ed il sangue che però è sgorgato in quei territori è sotto gli occhi di tutti a cominciare dalla strage della minoranza religiosa degli Yazidi, una confessione che professa una sorta di sincretismo Cristiano – Mussulmano già portato avanti dai mitologici Templari come paiono testimoniare alcune statue simili a Gino Bifronte ritrovate anche nella Magna Grecia italiana. Gli Yazidi sono una delle religioni più tolleranti in assoluto, tanto che non si sentono in grado di disprezzare totalmente neppure il loro demonio in quanto anch’esso creatura di Dio che come tale potrebbe riceverne la grazia e loro non potrebbero sopportare l’onta di aver odiato un essere poi entrato nelle grazie Divine. Proprio questa sarebbe la ragione, riteniamo di facciata, a spingere l’odio islamico nei loro confronti.

Negli ultimi giorni poi lo scempio si è protratto con la decapitazione a sangue freddo del giornalista statunitense Foley, rapito circa due anni fa in Siria (ancora sequestrati risultano un altro giornalista USA e due ragazze italiane). Siria che rimane probabilmente il terreno da cui tutto ha origine e da cui si dovrebbe partire per realizzare una situazione se non di pace almeno di equilibrio nell’area mediorientale.
Il gesto non ha lasciato l’occidente insensibile, e sembra proprio difficile poter riuscire a dialogare con questo genere di persone in modo diplomatico ed alla pari, ovviamente la soluzione diplomatica e pacifista sarebbe quella da perseguire in ogni circostanza, ma il suo buon funzionamento sussisterebbe forse solo in un mondo ideale; in un caso come questo credo che, non escludendo a priori nessuna possibilità, vada ragionata con cura quale sia la strategia di intervento migliore da seguire che offra il miglior compromesso rischio-beneficio mantenendo l’incolumità dei civili al primo posto nella lista degli obiettivi da perseguire.
Le alternative oltre a quelle pacifiste e diplomatiche che sembrano poter sortire ben poco effetto (se vi fosse qualche idea concreta su questa falsariga è il momento giusto per farsene portavoce) sono appunto l’intervento o l’indifferenza lasciando che il conflitto faccia il suo corso e con la conseguente chiusura delle frontiere e di ogni supporto.
Oggettivamente l’opzione di non agire renderebbe complici del massacro. la via, irta e dolorosa, rimane pertanto una sola, da studiare ed elaborare nel migliore dei modi.

Obama si è pronunciato in un discorso asserendo con forza che i terroristi dell’ISIS non hanno un posto nel XXI secolo, mentre il Pentagono ha diramato la notizia che un tentativo di liberare alcuni prigionieri USA in Sira non è andato a buon fine e che è possibile l’invio di un piccolo contingente di terra in Siria per far giustizia a Foley e per proteggere le strutture statunitensi nel territorio, non più solo droni pare di capire.

Il Ministro Mogherini, ricalcando quanto detto dal premier britannico Cameron, ha preso atto che la minaccia dell’ISIS può raggiungere il cuore dell’Europa e dell’occidente. Proprio perciò la lista degli obiettivi sensibili potenzialmente oggetto di attacchi è stata ampliata ed allertata.

Il Primo Ministro Renzi in visita lampo in Iraq ha confermato la propria vicinanza al popolo curdo, dicendo che l’Italia e l’Europa non possono rimanere insensibili a quella guerra e che il massacro deve prevaricare ogni tema e discussione economica. L’Europa, evidenzia Renzi in veste di Premier italiano e Presidente di turno dell’Unione, deve essere lì, vicina e lavorare alla risoluzione del conflitto per supportare la transizione verso un governo inclusivo.

Quello che dice il Presidente di turno è più che vero, ma proprio in quell’ottica risulta veramente difficile ritenere minimamente risolutivo l’invio di armi che altri stati europei assieme all’Italia si stanno accingendo a fare in una operazione del tutto frammentaria.

L’Europa in realtà, da entità forte ed autorevole che vorrebbe essere, dovrebbe essere presente in Iraq, in Israele ed a Gaza, in Siria, in Libia, se vogliamo in Nigeria ed in Russia – Ucraina.
Serve un piano congiunto ed una strategia di lungo termine per portare equilibrio e pace strutturale nelle zone del medio oriente, ne è consapevole il Minsitro Mogherini che lo ha ribadito nella sua audizione parlamentare ma ad oggi siamo ancora bel lontani dal vedere anche solo l’inizio di un processo simile, e gli interventi estemporanei ai quali si da adito sembrano confermarlo, assieme all’evidenza che la politica estera la difesa e la gestione dell’immigrazione a livello europeo (la dichiarazione del portavoce della commissione europea che Frontex è una piccola agenzia senza budget, impotente di fronte al processo migratorio che coinvolge l’Europa ne è una triste presa di coscienza) sono inconsistenti, quasi nulli, così come l’autorevolezza in questi campi dell’Unione.

L’Europa non pare ferma nelle sue decisioni, nella difesa dei suoi valori e spesso sembra in balia degli eventi, incapace di prendere posizioni. Pare inerme e non in grado di gestire o intercedere nelle crisi, tanto che non è mai direttamente l’Europa ad essere coinvolta ai tavoli diplomatici su temi di politica estera e difesa, ma sono i singoli stati a cominciare da Francia, Germania e Gran Bretagna.

A riprova di ciò vi è la caldissima situazione Ucraina. Ogni decisione importante è sempre stata demandata al consiglio di sicurezza composto da USA, Francia, Germania ed UK, così è stato anche per le sanzioni alla Russia (finanza, economia, banche e capitali, persone), che hanno visto gli USA fare da capofila seguite a tempo debito dall’Europa, ma con l’implementazione lasciata totalmente in capo ai singoli stati. Tali sanzioni hanno fatto sì male alla Russia, che a detta delle fonti USA sembrerebbe proseguire nel supporto ai separatisti nelle zone dell’est Ucraina, ma anche all’Europa stessa. La Russia di pronta risposta ha bloccato l’import alimentare sui suoi territori e starebbe per apprestarsi a bloccare i prodotti Apple sostituendoli son quelli Samsung ed a bloccare alcune bevande tra cui la Coca Cola.
Dalla Germania e dagli USA si susseguono le intimazioni a Putin di cessare il supporto armato ai separatisti, ed anche l’invio di oltre 200 camion di aiuti da Mosca a Kiev è stato oggetto di sospetti.
È di poche ora fa la chiusura a Mosca di quattro fast food Mc Donalds ufficialmente per motivi igienici, ma che sia una ritorsione contro le sanzioni pare più che possibile.
Questi provvedimenti in Europa impattano numerosi stati, molto più che gli USA. All’Italia una stima stabilisce che costerebbero tra i 750 ed i 1000 milioni di Euro annui.
Con tutto ciò la Russia esce indebolita, ma continua a seguire una propria strategia di potenziamento ben chiara, vale a dire stringere rapporti stretti con la Cina (il recente patto sul Gas ne è una testimonianza) ed al contempo espandersi con le sue multinazionali energetiche (Gazprom, Rosneft,, Lukoil, Rosatom etc) nei campi dell’energia, del petrolio e del Gas, incluso il trading di commodities, come dimostrano le recenti aggressive mosse di acquisizione ed il loro interessamento in ogni deal del settore.
Anche sull’embargo alimentare al Cremlino vale la pena dire che se Mosca decidesse di puntare alla semi-autosufficienza nel settore food avrebbe tutte le risorse, gli spazi, i mezzi e la forza lavoro per provvedere quasi in toto al proprio sostentamento.
Nonostante tutto la situazione in Ucraina non pare migliorare, anzi sembra stia peggiorando visto che, dopo l’abbattimento dell’aereo di linea malese, nei pressi di Donesk e Lugansk si susseguono guerriglie, un aereo dell’esercito regolare di Kiev è stato recentemente abbattuto ed un convoglio che trasportava profughi colpito con un bilancio di circa 30 vittime.

Nei prossimi giorni (23/08) ad intercedere per l’Europa in Ucraina in occasione della festa nazionale sarà proprio la Merkel, vero interlocutore europeo che sarà presente a Kiev dove incontrerà il Presidente Petro Poroshenko, a seguire il Primo Ministro Arseniy Yatsenyuk ed alcuni sindaci ucraini.
L’Europa rimane una istituzione molto eterea nonostante la gravità della crisi, sembra facile supporre che gli stessi interlocutori non ritengano l’Unione all’altezza del dialogo e preferiscano parlare singolarmente con gli esponenti più autoritari come Germania e Francia.

Da chiedersi però se l’interesse dell’Europa possa essere portato avanti da un singolo stato, in tal caso la Germania, che ha ovviamente anche interessi nazionali, i quali in questa specifica circostanza coincidono con quelli italiani. Mi riferisco al fronte energetico (altro settore ove l’Europa mostra tutti i propri limiti) dove sia noi che i tedeschi abbiamo un’alta dipendenza da Mosca, sia sul fronte commerciale visto che l’export verso la Russia è di estrema importanza per Berlino e per Roma.
Allo stesso tempo però, sia Germania che Italia, e l’Europa tutta, vivono nel perenne limbo di dover appoggiare l’alleato statunitense, col quale si vorrebbero (e sarebbe bene giungere alla firma) stipulare importanti patti commerciali, in primis il TTIP, anche per quel che concerne il supporto di energia primaria (Gas di Scisto), ma al contempo non tirare troppo la corda col partner (perché di partner si tratta) russo dal quale dipende profondamente in particolare sul fronte energetico, settore strategico in cui una politica poco lungimirante non ha saputo, pur avendone le possibilità, portare alla sostanziale autosufficienza ed integrazione di mercato.

Evidentemente una entità sovranazionale che come l’Europa ha le mire di diventare un riferimento ed un interlocutore mondiale non può non avere una politica ed una strategia militare ed estera congiunte così come non può permettere, senza piani di lungo termine volti alla stabilità ed alla pace, il proliferare di focolai pericolosissimi a ridosso dei propri confini.
Anche la modalità di azione, come l’invio di armi ai curdi da parte di vari stati membri oppure sanzioni demandate ai singoli paesi membri, evidentemente misure frammentarie, di ripiego e difficilmente risolutive, oltre a poter rivelarsi controproducenti, danno ulteriore conferma ai nostri interlocutori, USA e Cina inclusi, della divisione dell’UE relegandola ad essere un interlocutore scarsamente autorevole e talvolta anche poco credibile per quel che concerne certi temi.

Tra le mille problematiche che Bruxelles deve quindi risolvere con alta priorità visto il precipitare degli eventi e la situazione economica, vi è senz’altro quella di elaborare strategie militari ed avere mezzi comuni, politiche estere congiunte e consistenti ed un approccio alle migrazioni articolato.
Puntare quindi a ricoprire quel posto tra i grandi attori della geo-politica mondiale volta alla pace, prosperità e protezione che il progetto europeo meriterebbe di avere.

21/08/2014
Valentino Angeletti
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