Archivi del giorno: 15 marzo 2014

Cosa dovrà chiedere Renzi alla Merkel?

Un weekend ed un inizio settimana decisamente impegnativi per il Premier Matteo Renzi. In queste ore si trova all’Eliseo ricevuto da Hollande, poi lunedì sarà la volta della Merkel assieme al Presidente di Confindustria Squinzi ed una ristretta delegazione di imprenditori.

Matteo dopo la presentazione del suo piano di intervento in Italia, tra la condivisione di buona parte dell’opinione pubblica e delle forze politiche e le obiezioni critiche principalmente ad opera di alcune frange PD e del M5S, ha riscosso approvazione da parte della Cancelleria tedesca. Il FT invece si è mostrato più scettico sulla capacità di Renzi di trovare le adeguate copertura, a dire il vero dopo che un editoriale dei giorni scorsi spezzava più di una lancia in favore dell’ex sindaco di Firenze. E’ evidente che sia per i contenuti che per i modi di presentarsi, a volte un po’ irriverenti e guasconi, il personaggio stia attirando su di se molte attenzioni e sembri  quasi “border line”: o lo si apprezza o non ci si riesce proprio.

Questo doppio passaggio europeo di Renzi, che nel frattempo ha disdetto un viaggio in Cina presso potenziali investitori organizzato da Letta per concentrarsi (al momento giustamente) sulle vicende interne ed europee, è importantissimo.
Renzi dovrà essere in grado di attirare nell’orbita italiana la Francia di Hollande, facendole capire che la situazione dei due paesi è molto simile e solo una partenza da una miglior situazione dei francesi ha fatto si che potessero resistere meglio all’onda d’urto della crisi, ma un eventuale protrarsi di questa condizione potrebbe essere fatale ad ambedue i paesi, dove per giunta il fronte anti-europeo è molto forte (dominato in Francia da Le Pen, mentre in Italia è più trasversale e meno organizzato). Il potere contrattuale di un’asse franco-italo (spagnola) sarebbe enorme e probabilmente non passerebbe inascoltato neppure dalla Germania, da Bruxelles e dalle economia del nord, che pure hanno rallentato, a cominciare dall’Olanda.

Dopo la Francia, ove il compito è vitale per spostare un poco il baricentro europeo ma sulla carta più semplice, sarà la volta dello scoglio tedesco. Alla Merkel, e di rimbalzo all’Europa, facendo leva sul supporto francese, su quello dell’SPD di Schulz che ora dovrebbe essere messo alla prova dei fatti, e sulla presidenza italiana del prossimo semestre europeo, si dovrebbe chiedere di cambiare rotta abbandonando quella politica di austerità che tutti non ritengono sostenibile e che i fatti lo hanno dimostrato da tempo, lo dimostrarono in verità fin dall’inizio. L’esempio degli USA che con la loro politica espansiva e la rivoluzione energetica stanno uscendo dalla crisi e puntando al 6% di disoccupazione, le analisi di grandi economisti e finanzieri-speculatori come Soros e Buffet, le previsioni molto caute rispetto al continente europeo dei principali outlook economici, i fatti e le condizioni in cui sono stati ridotti alcuni stati europei, dovrebbero far venire più di un dubbio alla Commissione EU.

Il compito non è dei più facili perché sull’Italia pesa il fardello del debito, ancora in aumento a Gennaio ed ormai in prossimità del 133.6%, la lenta crescita (o meglio stagnazione) stimata da Ficth a 0.6% per il 2014, 1% per il 2015, il persistere di consumi mai così bassi e la disoccupazione che crescerà anche nel 2014 così come l’incapacità di riformare in modo rapido e risoluto degli scorsi Esecutivi, sono argomenti oggettivi che possono essere utilizzate contro Renzi. Inoltre il piano del Premier Matteo suscita in Europa più di un dubbio poiché la destinazione dei proventi della spending review dovrebbe essere l’abbattimento del debito e non il taglio delle tasse e del cuneo fiscale, così come non sembra condivisa l’ipoteso di un aumento del deficit pur rispettando il vincolo del 3%. Difficilmente, se la linea si manterrà quella attuale, ambedue le concessioni potranno avere approvazione.

Il Premier dovrà puntare su alcuni elementi non obiettabili. Il primo è che l’Italia si è oggettivamente impegnata e sacrificata per rispettare i vincoli fino ad ora imposti gravando pesantemente sui cittadini e non vorrebbe proseguire in questa direzione alimentando populismi e sentimento anti-europeo; un italiano su tre vorrebbe tornare alla lira, ma i giovani, il futuro e la nuova classe dirigente, sono in prevalenza favorevoli all’Europa, sanno, in particolare quelli più istruiti, che l’Europa è un’opportunità da cogliere ed una ricchezza, ma di contro sono convinti che a breve la politica dell’Eurozona non cambierà, facendo dell’Unione più un elemento vessatorio e tecnocratico che una reale fonte di arricchimento, cooperazione e contaminazione economico culturale per far fronte agli standard di competitività sempre più elevati che la globalizzazione ci impone. Questa linfa vitale delle nuove generazioni deve essere alimentata con speranza e prospettive.
Il secondo elemento è che senza una Unione reale ed una condivisione di rischi e benefici (ad esempio Eurobond, mercato unico dell’energia, allineamento del fisco, della tassazione, del costo del lavoro ecc) anche la Germania ne uscirà col tempo sempre più indebolita e non sarà in grado da sola a competere con economie che comunque corrono ben più di lei.
Il terzo punto, estremamente importante, è insistere sulla possibilità di sforare temporaneamente il tetto del 3%, ricordando alla Merkel che anche la Germania non è in regola avendo consumi interni troppo bassi ed una export oltre il 6% (limite imposto dall’EU) sull’import, del resto più tempo è stato concesso alla Francia ed all’Olanda. Renzi però dovrà mettere sul piatto promesse molto importanti e difficili: ridurre tutte le procedure di infrazione già in essere, o in fase di applicazione, nei confronti del nostro paese; presentare un piano di investimenti di medio termine ai quali sarà destinata la somma eccedente al 2.6% (ed in prospettiva 3%) che sia chiaramente elemento di sviluppo ed occupazione, che porti col tempo il PIL a crescere più di quanto è stato investito, un vero piano industriale e di innovazione per il sistema paese; dovrà proporre la spesa oltre il 2.6%-3% (così come quella dei fondi europei che non riusciamo ad impiegare) sia soggetta a stretto controllo da parte di organismi europei, una sorta di Troika, che monitori costantemente avanzamento del progetto e così, in modo da non ricadere nel vizio italico dello sperpero dei denari che fanno lievitare i costi di qualsiasi opera; dovrà partire celermente ad applicare tutto il piano di riforme che l’Europa avrebbe già voluto veder realizzate, dalla lotta all’evasione e corruzione alle riforme del mercato del lavoro, dall’abbassamento delle tasse su persone e lavoro alle riforme costituzionali, al pagamento tempestivo dei debiti delle PA, alla riforma e digitalizzazione della burocrazia che ingessa da anni un sistema difendendo particolarismi e centri di potere; infine puntare al taglio di spesa presentando finalmente a Bruxelles quel piano di spending review già in ritardo.
In particolare sugli ultimi due punti, non tanto Matteo, quanto l’intero paese dovrebbe “metterci umilmente la faccia”.
A valle di ciò poi l’Unione dovrà convincersi ad intraprendere con convinzione lei stessa quel percorso riformatore con l’obiettivo di giungere davvero ad una entità economico-politico-sociale unica ove regna la cooperazione e la collaborazione e che se inizialmente può sembrare più vantaggiosa per coloro che ne sono stati fin qui penalizzati e più svantaggiosa per chi più ne ha goduto, alla lunga porterà non solo benefici per tutti, ma sarà l’unica possibilità per il vecchio continente di rimanere un importante attore dello scacchiere mondiale.

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15/03/2014
Valentino Angeletti
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